
Nella Magna decisivo il ruolo dell'istituto di credito Sberbank, controllata dal governo russo. Le due telefonate tra la Merkel e Putin. Il via libera di Obama. Mosca entra nel cuore produttivo dell'Europa. Il mercato russo dell'auto è in crisi, ma in prospettiva...
Angela Merkel preferiva la Fiat, ma alla fine è stata scelta Magna, in tandem con i russi di Sberbank e Gaz. Con una netta accelerata del negoziato politico nella corsa per Opel, la saga tedesca che Sergio Marchionne ha definito piuttosto “una soap opera brasiliana” è terminata sabato 30 maggio con la vittoria del gruppo austrocanadese, sostenuto da Sberbank – la prima banca russa, semistatale – e dalla società automobolistica Gaz dell’inguaiato oligarca Oleg Deripaska.
Una svolta storica, al di là dei criteri finanziari e di prospettiva commerciale utilizzati per decidere. Storica, perché i russi sbarcano nel cuore dell’Europa produttiva.
E al timone c’è un istituto di credito controllato al 60% dalla Banca centrale di Mosca, quindi dal governo, quindi da Vladimir Putin e dal suo successore Dmitri Medvedev. Un’operazione che ha ottenuto il placet di Barack Obama, e anche questo è un dato di enorme rilievo, poichè il nulla osta americano non solo ha sdoganato l’operazione, ma ha confermato che nel ‘reset’ dei rapporti con Mosca il nuovo presidente intende essere davvero pragmatico. I russi servono? Prego, entrino pure. Una triangolazione Berlino-Washington-Mosca impensabile in epoca Bush.
La Opel passa a Magna, ma il sottotitolo russo è evidente, e ha fatto storcere parecchi nasi americani nei giorni decisivi del negoziato. Un editoriale del Wall Street Journal, il 27 maggio, quando i più credevano ancora all’opzione Fiat, ammoniva il cancelliere tedesco Angela Merkel dalla tentazione di permettere al Cremlino “di salvare la Opel di General Motors dal fallimento”. Ovvero di consegnare il gioiello tedesco dell’americanissima GM a Putin e soci. Il quotidiano economico faceva notare che “sebbbene Magna domini le prime pagine”, la Russia otterrà una fetta più grossa rispetto agli austrocanadesi. E così è stato: 35% di azioni, come la quota di Gm, mentre Magna avrà il 20% e il restante 10% sarà dei dipendenti.
La vecchia casa automobolistica del giovane Oleg Deripaska in questa partita ha i tratti e il curriculum di una figurante.Gaz è vecchia, e la crisi economica ha messo in mostra in modo impietoso tutte le sue rughe, lasciandola a sperare nell’alleato Vladimir Putin per non precipitare nell’insolvenza a fine anno, quando maturerà gran parte del debito da 1,3 miliardi di dollari. Gli impianti di Nizhnyj-Novgorod hanno tentato il lifting, invano, lanciando assieme alla Chrysler il modello Volga-Sibir, ma delle 20.000 vendite messe in conto per il 2008 ne sono state realizzate solo alcune centinaia. Ora la società russa rivendica il ruolo di “partner industriale” del consorzio che nasce sulle ceneri di Opel, puntando ad importare in Russia parte della produzione, magari proprio della componentistica che è specialità di Magna. Si vedrà.
Deripaska, ex uomo più ricco di tutta la Russia, sposato con la nipote di Boris Eltsin, ha troppi debiti e troppi nemici per sperare di contare davvero nella partita.

Il protagonista dell’affare è senza dubbio Sberbank, l’istituto di credito di natali zaristi (fu fondata nel 1841), che oggi ha oltre 2000 filiali in tutta la Russia e una gran voglia di espandersi all’estero e di cancellare una volta per tutte la fama – non sempre eccellente – di baraccone statale sovietico, di cui non fidarsi troppo. Il presidente di Sberbank è German Gref, vicino a Putin, ma considerato sempre in quota ‘liberali’. Un buon mix per presentarsi in Occidente.
Nella settimana decisiva per Opel, Angela Merkel e Vladimir Putin si sono parlati due volte al telefono, nella totale riservatezza. Il governo russo ha rivendicato pubblicamente il “profilo basso” tenuto durante il negoziato, a suggerire che alla fine non è stata la politica a decidere. In realtà, sempre con grande discrezione, a fine maggio i movimenti tra Mosca e Berlino si sono intensificati, compresi viaggi di delegazioni dei Lander tedeschi, evidentemente in cerca di rassicurazioni sui livelli di impiego.
E sarebbe sceso in campo anche l’ex cancelliere Gerhard Schroeder, amico e gran difensore di Putin. Oltre che presidente del consorzio Nord Stream, che deve realizzare il gasdotto diretto Germania-Russia, fortemente voluto dal Cremlino e strenuamente osteggiato dai Paesi orientali di transito del metano russo.
L’alleanza tedesco-russo-americana per Opel ha chiare proiezioni di mercato. Nei primi 4 mesi del 2009 le vendite di automobili in Russia sono crollate del 55,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma le potenzialità restano enormi e una volta passata la crisi il continente russo si rimetterà al volante.
C’è poi l’aspetto finanziario: Magna-Sberbank avrebbero fatto al governo tedesco un notevole sconto rispetto alle richieste Fiat in termini di garanzie pubbliche. Tutto questo, però, non cancella l’alta valenza politica dell’affare. Anzi, conferma che neppure l’imminenza elettorale in Germania ha frenato l’Ostpolitik del governo tedesco, che con Merkel non procede ai ritmi entusiastici dell’epoca Schroeder, ma continua, nel segno del pragmatismo. Il cancelliere tedesco ha voluto sottolineare con forza come l’assenso di Obama alla fine sia stato decisivo. “E’ un test riuscito delle relazioni con l’America”, ha detto, annunciando l’accordo con Magna-Sberbank. Sulle sue telefonate con Putin, neppure una parola. Ma il dato è chiaro: il nuovo presidente degli Stati Uniti non frena più di fronte ai russi, come avrebbe fatto il suo predecessore.
L’asse Berlino-Mosca, motore dell’interdipendenza euro-russa, può procedere. Tanto più nei tratti che potranno giovare al riassetto della superpotenza travolta dalla crisi.
Autore: Orietta Moscatelli
Fonte: www.limesonline.it
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