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mercoledì 3 giugno 2009

La forza opaca della lobby russa

Wirepullers: la vendita di Opel a Magna non segue solamente logiche economiche ma importanti intrecci politici, sia interni alla Germania che europei. Vediamo su quale scacchiera si è giocato questo colossale passaggio: Corriere della Sera...

Non voglio credere che la scelta del governo tede­sco nel caso Opel sia sta­ta dettata da un pregiu­dizio anti-italiano. Credo anzi che la proposta della Fiat fosse in que­ste circostanze quella più confor­me alle logiche aziendali e al rigo­re economico di cui la Germania ha dato prova in altre circostanze. Il «tedesco», in questa faccenda, è stato Marchionne. Di fronte al di­segno che prevedeva la nascita di un grande gruppo automobilisti­co euro-americano, ma avrebbe comportato qualche inevitabile sa­crificio, il governo di Angela Me­rkel, invece, ha preferito la soluzio­ne che garantisce, a breve termi­ne, il mantenimento degli organi­ci delle ditte praticamente fallite. Non è una decisione lungimiran­te. Prima o dopo la nuova Opel do­vrà affrontare il problema delle sue dimensioni nel mondo e chiedersi se il futuro non sa­rebbe stato meglio garantito dalla solu­zione prospettata da Sergio Mar­chionne. Ma, al mo­mento della stretta finale, hanno pre­valso due fattori.Il primo è di bre­ve respiro. A quattro mesi dalle elezioni, i due alleati della coalizio­ne tedesca hanno affrontato la cri­si dell’Opel tenendosi d’occhio so­spettosamente, ciascuno dei due pronto a trarre il massimo profitto dagli errori dell’altro. Può darsi che qualche esponente del partito cristiano-democratico avesse com­preso l’interesse della proposta di Marchionne. Ma Angela Merkel ha preferito non correre rischi.Il secondo fattore è l’esistenza nella società tedesca di una poten­te lobby russa. Non penso soltan­to a Gerhard Schröder, ai suoi rap­porti con Putin, alla disinvoltura con cui ha dapprima favorito, co­me cancelliere, una grande inizia­tiva russo-tedesca (il gasdotto del Mare del Nord) e assunto poi la presidenza di uno dei suoi organi direttivi. Penso alla convinzione, molto diffusa nella società tede­sca, che Germania e Russia siano feli­cemente comple­mentari e che la pri­ma, grazie ai suoi capitali e alla sua tecnologia, possa recitare, in qualsia­si operazione con­giunta, la parte del partner anziano.
I due Paesi si sono ferocemente combattuti, ma la storia della presenza tedesca nella economia russa e degli accordi più o meno segreti conclusi dai due Paesi è più lunga di quella delle loro battaglie.Comincia con la prima industrializzazione russa, fra l’800 e il ’900, e continua con il Trattato di Rapallo (1922), con la collaborazione militare ed economica del decennio successivo, con il trattato di amicizia e il protocollo segreto del 1939, con la impetuosa ripresa dei rapporti economici dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La lobby, anche in questo caso, ha vinto la sua partita. Ma potrebbe avere dimenticato che le partecipazioni azionarie russe, in questo momento, sono spesso opache e poco rassicuranti.L’affare Opel si presta a qualche riflessione sulla politica italiana.Il presidente degli Stati Uniti, in questa faccenda, non aveva altra scelta fuor che quella di accettare la decisione garantita dal governo di Berlino, ma il vertice telefonico fra Merkel e Obama, nelle scorse ore, mette implicitamente in evidenza l’assenza del governo italiano. So che gli interventi sono utili quando sono accompagnati da garanzie finanziarie e che l’Italia, in questo momento, non era in grado di offrire alcunché. Ma il confronto tra la serietà delle trattative di Berlino e la litigiosa frivolezza della politica italiana, soprattutto nelle ultime settimane, non è edificante.

Autore: Sergio Romano

F0nte: www.corriere.it

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