
«Fin dagli anni '60, i tedeschi hanno cominciato a considerare il nazismo con la stessa intransigenza degli altri europei», spiega Gerhard Botz, docente di storia contemporanea a Vienna e direttore dell'istituto di ricerca in storia sociale Ludwig-Boltzmann. «Gli austriaci hanno appena cominciato a far ciò, e neanche tutti!» Com'è nata questa differenza? La risposta si articola in due tempi. Occorre considerare quanto è avvenuto prima del 1945, e dopo.Botz e i suoi colleghi hanno mostrato che, prima e durante il III Reich, «l'antisemitismo è stato più violento in Austria che in Germania».
Scene terribili, in marzo e in aprile 1938, al momento dell'integrazione dell'Austria al Reich (l'Anschluss), come la popolazione che allegramente costringe numerosi ebrei a inginocchiarsi per pulire le vie di Vienna con spazzolini da denti... Alcuni mesi dopo, certi funzionari austriaci misero a punto un meccanismo burocraticamente solidissimo, che autorizzava l'espropriazione degli ebrei dai loro appartamenti e commerci....
Pieno di ammirazione, Hermann Göring importò il sistema in Germania dove fu applicato.Durante il pogrom del novembre 1938 - la Notte dei cristalli - i rapporti della Gestapo descrivono una ferocia austriaca molto più terrificante di quella tedesca. Infine, sempre secondo Botz, «gli austriaci furono sovra-rappresentati nei posti chiave della macchina di sterminio»: Adolf Eichmann (giunto in Austria all'età di 8 anni), Alois Brunner, Ernst Kaltenbrunner (successore di Heinrich Himmler a capo dell'Ufficio centrale della sicurezza del Reich, che copriva la Gestapo), Odilo Globocnik (responsabile, con un'intera squadra di austriaci, dell'Aktion Reinhardt, nel corso della quale furono sterminati oltre due milioni di ebrei e di zingari), Franz Stangl (comandante dei campi di sterminio di Sobibor e di Treblinka), ecc...
Dopo la guerra, le nuove autorità austriache imposero una lettura della storia i cui effetti sono avvertibili ancora oggi. L'Austria non aveva collaborato all'impresa nazista, anzi ne era stata la prima vittima, a causa dell'Anschluss! Per parziale che fosse, questa falsificazione fu accettata sia dagli alleati occidentali sia dall'Urss in cambio della promessa che l'Austria non si schierasse né in un campo né nell'altro.
Altra differenza con la Germania: la «denazificazione». In questo paese, essa fu avviata dagli Alleati, mentre gli austriaci furono autorizzati a «denazificarsi» da soli. Molto severa il primo anno (quarantatre condanne a morte e trenta esecuzioni; perdite di lavoro e dei diritti civili), la repressione fu presto allentata fino a scomparire fin dal 1948. Quell'anno, i seicentomila ex-membri del Partito nazista austriaco ritrovarono i loro diritti civili. Le nuove elezioni nazionali si avvicinavano e i dirigenti del Partito social-democratico austriaco (Spö) così come i cristiano-democratici del Partito popolare austriaco (àvp), si lanciarono in una ricerca nauseabonda dei voti degli ex-nazisti.
Fu creato un nuovo partito, l'Unione degli indipendenti (Vdu), destinato a catturare questi voti. Ciascuno di questi tre partiti ricuperò un terzo di questi seicentomila
voti.La tesi di una Austria prima vittima di Hitler s'impose ovunque nella società. Per decenni, i manuali scolastici citarono, per il periodo 1938-1945, solo la guerra in Europa, mentre l'Austria veniva menzionata solo a proposito di alcuni tentativi di resistenza, in gran parte individuali.

L'affare Kurt Waldheim, avrebbe potuto far esplodere la vicenda. Ma non fu così: gli austriaci fecero blocco dietro questo ex-ufficiale della Wehrmacht, eletto alla presidenza della Repubblica nel 1986, accusato di aver partecipato alla deportazione degli ebrei nei Balcani, che dichiarò: «Ho fatto solo il mio dovere!» Waldheim è morto nell'indifferenza internazionale il 14 giugno 2007, e ha avuto diritto, nel suo paese, a funerali nazionali. Grazie in particolare ai lavori pionieristici di Erika Weinzierl e di Botz, seguiti oggi da quelli di Bertrand Perz e di Olivier Rathkolb, i libri di scuola hanno cominciato, appena dieci anni fa, a descrivere la profonda partecipazione degli austriaci al nazismo.
Ma recenti sondaggi mostrano che un lungo cammino resta da fare. Quando si chiede: «L'Austria avrebbe dovuto impegnarsi in una resistenza armata contro l'Anschluss?», appena una grossa metà delle persone interrogate nel 2008 risposero positivamente (il 53% contro il 41% di «no»). Nel 2005, la domanda: «Il nazional-socialismo in Austria costituisce un episodio che presenta buoni e cattivi aspetti?» ottenne il 44% di «sì» mentre soltanto il 20% riteneva che questo episodio fu soltanto negativo.
In Austria, i luoghi della memoria offrono numerosi esempi di questa tolleranza con il passato nazista. A Vienna, una parte del Ring, il prestigioso viale intorno al centro storico, porta tuttora il nome di Karl Lueger, sindaco della città dal 1897 al 1910, ma soprattutto fondatore del Partito cristiano-sociale, il primo partito di massa antisemita in Europa, una referenza ideologica fondamentale per il giovane Adolf Hitler. Esistono statue a lui dedicate, una chiesa che porta il suo nome, senza che nessuno ne sia turbato.
A Klagenfurt, sulla Domplatz, l'unico monumento alla memoria delle vittime della seconda guerra mondiale denuncia le esazioni ... dei partigiani antinazisti sloveni. Nel feudo di Jörg Haider, la parola stessa di «resistente» è una ingiuria.
Autore: Pierre Daum
Fonte: www.monde-diplomatique.it
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