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lunedì 18 maggio 2009

A che serve la Nato?


Nicolas Sarkozy voleva che la sua presidenza segnasse la rottura con un «modello sociale francese» che peraltro appare oggi rinverdito dal fallimento del capitalismo finanziario all'americana. Che a questo punto abbia deciso di farla finita con un'altra tradizione francese, quella dell'indipendenza nazionale? Benché nel corso della sua campagna elettorale non abbia mai fatto cenno a una «rottura» su questo punto, e abbia poi condizionato il ritorno alla Francia in seno all'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (Nato) a un rafforzamento della difesa europea, di fatto Sarkozy ha dichiarato ormai decaduta la decisione del generale de Gaulle. Quarantatre anni fa il fondatore della V Repubblica francese si era dissociato dal Comando integrato dell'Organizzazione, e ciò in un periodo in cui l'Unione sovietica manteneva sotto il suo tallone vari paesi europei. C'è dunque da chiedersi per quale motivo - o in vista di quali guerre - la Francia dovrebbe fare marcia indietro, ora che il Patto di Varsavia non esiste più, e che molti suoi ex membri (Polonia, Romania, Ungheria ecc.) sono entrati sia nell'Unione europea che nell'Alleanza atlantica.
Sarà per piazzare ottocento ufficiali tricolori a Norfolk, in Virginia, al quartier generale della Nato? O per compiacere alcuni esponenti dell'industria degli armamenti, amici di Sarkozy, che contano di incrementare le loro forniture militari grazie a un ritorno nei ranghi della Francia? O magari per convincere gli americani, dopo la rinuncia di Parigi al suo ruolo di libero battitore, a cooptare Sarkozy come super-consulente nella sua sfera d'influenza? Più verosimilmente, l'Eliseo spera di trarre vantaggio dalla simpatia che circonda il presidente degli Stati uniti per tirare il collo a un'imperdonabile eccezione francese: quella per cui Parigi, al momento della guerra irachena, si rivoltò contro i vari dottor Stranamore, fautori dello «scontro di civiltà». Alla faccia degli attuali sostenitori di Sarkozy, tra cui Bernard Kouchner, suo ministro degli esteri.
La maggior parte degli stati membri dell'organizzazione delle Nazioni unite (Onu) non fa parte né della Nato, né dell'Unione europea. E in seno alla stessa Ue, sei stati membri (Austria, Cipro, Finlandia, Irlanda, Malta e Svezia) non fanno parte della Nato. Eppure, si tende fare una certa confusione tra le tre strutture. Con l'obiettivo di estendere il perimetro geografico dell'organizzazione militare, affidandole missioni di «stabilizzazione» che travalicano largamente la sua vocazione e giurisdizione. Ed ecco che il 19 febbraio una risicata maggioranza di deputati europei (293 voti contro 283), in nome della trasformazione del pianeta in una «terra senza confini», chiede che «in ambiti quali il terrorismo internazionale, (...) la criminalità organizzata, i rischi cibernetici, il degrado ambientale, le catastrofi naturali o altre» si instauri un «partenariato ancora più stretto» tra l'Unione europea e la Nato.
Nell'esposizione dei motivi si precisa, sotto forma di elegante metafora, che «senza una dimensione militare l'Unione è solo un cane che abbaia ma non morde». Decisi evidentemente a non risparmiarci nulla, i deputati atlantisti evocano i «momenti bui della nostra storia» menzionando Hitler e Monaco, senza dimenticare di citare anche qualche riga di Elie Wiesel, «superstite dell'Olocausto». A quel punto declamano: «Non vorremmo forse che qualcuno venga in nostro aiuto nell'ora del pianto?». E dire che quello di asciugare le lacrime dei civili non è mai stato il maggior talento degli ufficiali americani, né durante la guerra del Kosovo, né in quella dell'Iraq, condotte entrambe in violazione della Carta delle Nazioni unite. È vero però che per i succitati parlamentari europei, molti stati dell'Ue hanno il torto di richiamarsi alla «dottrina del non allineamento» ereditata dai tempi della guerra fredda, [cosa che] rende più fragile l'alleanza dei democratici»....
Come si è capito, la «difesa collettiva dell'Europa», alla quale fa riferimento il capo dello stato francese, sarà organizzata esclusivamente nel grembo dell'Alleanza atlantica. La quale ultima, mescolando insieme missioni civili e militari, non esiterà a dispiegarsi anche a grande distanza da quella che fu la «cortina di ferro», fino ai confini del Pakistan. All'interno stesso del partito di Nicolas Sarkozy due ex primi ministri, Alain Juppé e Dominique de Villepin, hanno espresso preoccupazione per quest'orientamento. Tanto basti a dare la misura della pericolosità della svolta che si sta profilando.

Autore: Serge Halimi
Fonte: www.monde-diplomatique.it

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