L'ecologia ci salverà
di Jeremy Rifkin
La recessione ha una sola via d'uscita: l'hi-tech verde e i combustibili puliti. Per dare il via alla Terza rivoluzione. Dopo quelle del carbone e del petrolio L'introduzione del motore a combustione interna e l'inaugurazione di una infrastruttura di reti autostradali contrassegnarono nel Ventesimo secolo l'inizio dell'era petrolifera e della seconda rivoluzione industriale, nello stesso modo in cui nel Diciannovesimo secolo l'introduzione del motore a vapore, della locomotiva e delle reti ferroviarie avevano contrassegnato l'avvento dell'era del carbone e della prima rivoluzione industriale.
La seconda rivoluzione industriale si avvia ormai al tramonto e l'energia e la tecnologia che più di altre l'hanno alimentata sono tenute in 'vita artificiale'. L'incredibile aumento del prezzo del petrolio sui mercati internazionali registrato negli anni più recenti indica l'inizio della fine, non soltanto per le automobili che consumano molta benzina, ma anche per lo stesso motore a combustione interna. L'amara realtà è che la richiesta di petrolio in forte aumento a livello internazionale si scontra con scorte e rifornimenti sempre più limitati e sempre più in calo. Ne consegue un prezzo sempre più alto del combustibile, che provoca una spirale inflazionistica e si ripercuote lungo l'intera catena logistica e dei rifornimenti, e che a sua volta funge da freno naturale per i consumi globali, specialmente nel momento in cui il greggio inizia a sfiorare i cento dollari al barile. È questa, infatti, la soglia in cui si collide contro il muro di sbarramento del 'Picco della Globalizzazione'. È a questo punto che il motore economico globale si ferma, che l'economia si contrae, che i prezzi dell'energia scendono perché il mondo intero usa meno petrolio. L'industria dell'auto è un segnale di allarme precoce, che ci fa comprendere come ci stiamo avvicinando al tramonto della seconda rivoluzione industriale.
Che cosa possiamo fare concretamente? Dobbiamo saper cogliere questa circostanza alla stregua di un'opportunità e rilanciare il dibattito globale sull'industria dell'auto nel suo complesso. Ciò implica di spostare il dibattito, passando dagli interventi di soccorso e di salvataggio in extremis dell'industria del motore a combustione interna alimentato a benzina alla ricerca, lo sviluppo, l'utilizzo di veicoli elettrici e ricaricabili a idrogeno con celle a combustibile, alimentati da energie rinnovabili. La trasformazione del nostro attuale regime energetico e della tecnologia automobilistica è il punto di ingresso nella terza rivoluzione industriale e in un'economia post carbonifera nella prima metà del Ventunesimo secolo.
Affinché questa transizione possa aver luogo, dobbiamo renderci conto che le rivoluzioni nei mezzi di trasporto sono sempre state parte integrante delle rivoluzioni nelle infrastrutture più ampiamente intese. La rivoluzione del motore a vapore alimentato a carbone impose grandi cambiamenti alle infrastrutture, ivi compresa la trasformazione nei trasporti, con un passaggio da quelli via di mare e su acqua in genere a quelli su rotaia ferroviaria, e la cessione di terreni pubblici per lo sviluppo di nuove città, sorte in corrispondenza di importanti snodi e incroci ferroviari. Analogamente, l'introduzione del motore a combustione interna alimentato a benzina richiese la realizzazione di un sistema di strade nazionali, la messa in opera di oleodotti, la creazione di una rete di strade secondarie commerciali e residenziali suburbane lungo il sistema autostradale internazionale.
Il passaggio dal motore a combustione interna a veicoli ricaricabili a idrogeno con celle a combustibile comporta un impegno equiparabile nei confronti di un'infrastruttura adatta alla terza rivoluzione industriale. Tanto per cominciare, la rete elettrica nazionale e le linee di trasmissione dell'energia dovranno essere trasformate, e passare da una gestione attuata tramite comandi e controlli centralizzati e servomeccanici a una gestione decentralizzata e digitalizzata. Daimler ha già firmato un accordo di partenariato con Rwe, società energetica tedesca, e Toyota ha fatto altrettanto con Edf, società energetica francese, per installare milioni di postazioni di ricarica lungo le autostrade, nei parcheggi e nei garage, nelle aree commerciali come in quelle residenziali, per consentire alle nuove automobili di fare il pieno ricaricando le batterie collegandosi semplicemente a una presa.
Per adattarsi a milioni di nuovi veicoli ricaricabili, le società erogatrici di elettricità stanno iniziando a modificare le loro reti, utilizzando le medesime tecnologie che hanno dato luogo alla rivoluzione di Internet. Le nuove reti elettriche, cosiddette reti intelligenti o intergrid, rivoluzioneranno le modalità tramite le quali l'elettricità è prodotta, distribuita e resa disponibile. Milioni di edifici già esistenti - appartamenti residenziali, uffici, fabbriche - dovranno essere modificati o ricostruiti per fungere da 'impianti elettrici autentici', in grado cioè di catturare l'energia rinnovabile disponibile a livello locale - solare, eolica, geotermica, delle biomasse, idroelettrica e prodotta dal moto ondoso di mari e oceani - per generare elettricità che possa alimentare gli edifici, condividendo al contempo l'energia prodotta in eccesso tramite le reti intelligenti, proprio nello stesso modo in cui noi oggi produciamo informazioni e le condividiamo grazie a Internet.
L'elettricità che produrremo nei nostri edifici, a partire dalle energie rinnovabili, potrà essere utilizzata anche per alimentare le automobili elettriche ricaricabili o per creare idrogeno che alimenti i veicoli con celle a combustibile. A loro volta, tutti gli autoveicoli elettrici ricaricabili e a idrogeno con celle a combustibile fungeranno da impianti elettrici mobili, e potranno rivendere l'energia prodotta in eccesso alla rete elettrica.
Il passaggio alle infrastrutture indispensabili per la terza rivoluzione industriale richiederà un ingente sforzo e finanziamenti pubblici e privati. Dovremo trasformare completamente l'industria automobilistica, dotandola di nuove apparecchiature, riconfigurare le reti elettriche, convertire milioni di edifici commerciali e residenziali in autentici impianti energetici. La sola creazione di una nuova infrastruttura comporterà l'investimento di centinaia di miliardi di dollari. C'è chi sostiene che non possiamo permettercelo: in tal caso, però, gli scettici dovrebbero spiegarci come si prefiggono di riportare in crescita un'economia globale oberata dai debiti, che oltretutto dipende in tutto e per tutto da un regime energetico che sta per collassare.
Cerchiamo di essere chiari: i trilioni di dollari con i quali ci si ripromette di riportare in vita l'economia globale non sono niente più che un semplice 'espediente di sopravvivenza'. Se invece intendiamo dare nuova vita all'economia globale, risolvendo al contempo la triplice minaccia costituita dalla crisi finanziaria globale, dalla crisi energetica globale e dalla crisi del cambiamento del clima globale ciò che dobbiamo fare è creare le premesse per una nuova era energetica e un nuovo modello industriale.
Le infrastrutture necessarie alla terza rivoluzione industriale creeranno milioni di posti di lavoro 'verdi', daranno vita a una nuova rivoluzione tecnologica, aumenteranno considerevolmente la produttività, introdurranno nuovi 'modelli di business open source' e creeranno molteplici opportunità economiche nuove.
Se i governi non interverranno immediatamente e con determinazione per far procedere celermente la realizzazione di una nuova infrastruttura per una terza rivoluzione industriale, l'esborso di fondi pubblici per sostenere un'infrastruttura economica vecchia e un modello industriale obsoleto decurterà ancor più le risorse finanziarie rimaste, lasciandoci privi delle riserve necessarie a effettuare i cambiamenti fondamentali.
La terza rivoluzione industriale comporta una nuova era di capitalismo allargato, in virtù del quale milioni di proprietari di casa e di aziende esistenti e nuove diventeranno produttori di energia. Così facendo, avrà luogo la transizione verso un'era post-carbonifera sostenibile, che di fatto potrà attenuare gli effetti del cambiamento del clima sulla biosfera terrestre.
Collocando l'industria dell'automobile al centro del cambiamento delle infrastrutture necessarie a passare dalla seconda alla terza rivoluzione industriale, inizieremo a cambiare mentalità, e il dibattito passerà dall'aiuto alle aziende in gravi difficoltà a come investire al meglio in un nuovo schema economico planetario. Investire miliardi di dollari diverrà un presupposto indispensabile e necessario per creare nuove opportunità economiche per tutti nel Ventunesimo secolo.
Jeremy Rifkin da "L'Espresso"
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Lecologia-ci-salvera/2050669&ref=hpsp
1 commento:
mmmmmmmmmmmmmm.....non ci siamo, per lo meno non del tutto. Non si possono trascurare le forze del nucleo. Rifkin ha buoni spunti, ma spesso decade nel newageismo che vede la terra come Gaja, organismo vivente che deve vivere di luce propria senza essere toccata. Inutile dire che le considerazioni su questi aspetti devono attraversare un delicato studio tecnico e scientifico, non certo solo economico, che avrebbero comunque impatto solo nel medio-lungo periodo. La sua analisi è molto discutibile non soltanto dal punto di vista tecnico (alle attuali conoscenze tecniche, il solo pensare ad auto elettriche con prestazioni anche lontanamente simili a quelle attuali, è pura follia!) ma per paradosso, proprio sotto il lato economico: leggo il suo articolo mentre il petrolio è oggi a 41 Dollari al barile (e la cosa basta da sola per smentirlo) e soprattutto quando le grosse industrie petrolifere stanno deviando su di un surrogato altrettanto valido ed ecosostenibile (olio di palma e di colza), che poi il petrolio finirà è palese, e nessuno lo sa meglio dei paesi produttori e dei petrolieri appunto....non serve che ce lo dica Rifkin. Poi dovrebbe spiegarci anche da dove arriva l'energia per ricaricare le "fuel cells" ma soprattutto.....quanti metri quadri di fotovoltaico deve installare per fornire energia chessò....alla silicon valley , alla Ruhr o alla Brianza......se faccio due conti e glie li mando forse si accorge che vaneggia (a occhio e croce, con gli attuali rendimenti, bisognerebbe ricoprire l'africa 4 o 5 volte...). La soluzione non è così banale, è facile speculare e dire che "in futuro...bla bla bla." Le soluzioni servono ORA, in primis, puntare su fissione con reattori di tecnologia 3+, in maniera da proiettarci verso la fusione del nucleare pulito,e parallelamente, sviluppare programmi di introduzione di fonti rinnovabili che abbiano un senso (insomma, è inutile installare i fotovoltaici al polo nord...o le centrali eoliche a Bologna, dove non tira un filo di vento......). Questo è ciò che la comunità scientifica dice da sempre (appoggiata da pochi eroi quali Piero Angela...), ma si sa, è abitudine non ascoltare ciò che dicono gli scienziati ma obbedire invece all'eco della politica, la propaganda e la religione....(ed in un certo senso l'ecosostenibilità tirata per i capelli di Rifkin, è una sorta di religione)
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