Cerca nel blog

domenica 30 novembre 2008

L'industria di bandiera

Salvare le aziende di bandiera è giusto, ma se non hanno un futuro si finisce per sprecare i soldi dei contribuenti

Internazionale 771, 20 novembre 2008

A Washington gira voce che Bush e Obama si siano scontrati sugli aiuti all'industria automobilistica. Due visioni del ruolo dello stato nei momenti di crisi, quella liberista di Bush e quella più interventista di Obama, sono a confronto su un terreno scivoloso: l'industria di bandiera.

Forse nessuna delle due potrà salvare le aziende. Ne sanno qualcosa gli inglesi. Tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta, il governo di Margaret Thatcher pompò 16 miliardi di dollari nei bilanci dell'agonizzante British Leyland, denaro che non servì a evitarne la chiusura. Il problema non era congiunturale ma strutturale: la casa automobilistica non era competitiva perché era ancorata a un mercato che non esisteva più.

La General Motors (Gm) si trova in una situazione analoga: produce macchine con un alto costo di carburante in un momento in cui i consumatori hanno pochi soldi da spendere. Per anni la Gm ha evitato di finanziare una riconversione industriale che abbattesse i consumi dei veicoli e ha spostato parte della produzione all'estero, mentre i concorrenti giapponesi aprivano le loro fabbriche negli stati del sud.

Salvare le aziende di bandiera è giusto, ma se non hanno un futuro si finisce per sprecare i soldi dei contribuenti. Anche la nostra classe politica dovrebbe ricordarsi del fiasco della British Leyland.


Autrice: Loretta Napoleoni
Fonte: www.internazionale.it

Nessun commento: