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giovedì 25 giugno 2009

Iran, una sfida storica contro il potere

Wirepullers: cosa ci possono dire le rivolte iraniane del passato su quanto sta avvenendo oggi a Teheran? Perchè Cina, Russia e Cuba non mostrano ai propri cittadini la rivolta del popolo iraniano e si limitano a celebrare la scabrosa vittoria di Ahmadinejad? Perchè il movimento di protesta innescato dal leader dell'opposizione Moussavi probabilmente non otterrà nulla? E perchè, se dovesse invece rovesciare il duo Ahmadinejad-Khamenei, i regimi dell'area mediorientale dovrebbero iniziare ad avere paura? Tutto questo negli articoli di Newsweek, The New Republic e Internazionale. In più un dietro le quinte dei giochi di potere interni che hanno caratterizzato le elezioni, con Limes. (3)

Secondo Rami Khouri le proteste di Teheran vanno molto oltre i risultati delle elezioni.

Le proteste di questi giorni in Iran hanno scatenato una serie di interpretazioni sul significato di quel che sta accadendo. Dotti studiosi, diplomatici navigati e altri esperti, che sanno ben poco dell’Iran e della regione, hanno espresso le loro opinioni, fondate per lo più su congetture e pregiudizi, anziché su dati di fatto che partano da una conoscenza anche vaga del contesto e dei protagonisti. Pazienza: i grandi eventi storici sopportano anche questo.

In Iran sta succedendo qualcosa di fondamentale. Siamo di fronte a un evento senza precedenti nell’Iran contemporaneo, dai tempi della rivoluzione islamica del 1979 che ha rovesciato lo Scià.
Ma siamo anche di fronte a un fenomeno da inquadrare in un contesto più ampio: quello degli esseri umani che non amano vedersi trattare come imbecilli dai loro governi, e quando capita oppongono resistenza. Succede di continuo, in tanti paesi del mondo: degli esseri umani evidentemente maltrattati dai loro governi insorgono e rifiutano di sopportare ancora.

In questi ultimi decenni migliaia di persone sono scese in piazza sfidando gli ordini del governo in Indonesia, Filippine, Ucraina e molti altri stati, dove le richieste popolari hanno costretto dei dittatori a dimettersi. La manifestazione più recente di questo fenomeno – quella iraniana di questi giorni – nasce dalla contestazone dei risultati delle elezioni presidenziali. Ma è solo la causa occasionale, una specie di molla che ci proietta nel più vasto mondo dell’agire politico.

Tutti sanno che il vero potere in Iran non è in mano al presidente e che nel sistema iraniano le elezioni contano poco. Le proteste non riguardano i risultati elettorali di per sé, ma gli abusi che i comuni cittadini, uomini e donne, sentono di aver subìto. Gli iraniani che animano le proteste di questi giorni sono soprattutto giovani nati dopo la rivoluzione islamica del 1979: di conseguenza non sempre condividono la reverenza verso l’élite rivoluzionaria dei centri di potere del paese.

I giovani iraniani sono parte dell’ultima generazione di mediorientali che chiedono di essere trattati da cittadini portatori di diritti e di dignità. Non sono particolarmente interessati a quel che dice la Guida suprema Ali Khamenei, e quindi con ogni probabilità continueranno a protestare contro un governo oppressivo che, per il modo in cui ha annunciato i risultati del voto, li ha trattati come schiavi inetti, facendogli pensare di aver partecipato a una farsa.

In Iran le élite esercitano un controllo molto forte sulle leve del potere economico, militare, ideologico, burocratico e poliziesco. E questo rende ancor più significative le proteste. Considerato il ruolo iraniano nella regione mediorientale, è possibile che queste manifestazioni si estendano al resto dell’area.

Dei due avvenimenti che più hanno influito sull’intero Medio Oriente nelle ultime generazioni – la sconfitta dei paesi arabi nella guerra del giugno 1967 e la rivoluzione iraniana del 1979 – probabilmente è la seconda che sul lungo periodo ha avuto le conseguenze più profonde.
L’Iran è cruciale per il suo influsso ideologico, il supporto logistico che assicura ai movimenti islamisti del mondo arabo, e il fatto che Teheran guida il “fronte della resistenza” composto da tutte le forze della regione che sfidano gli Stati Uniti, Israele e i regimi arabi conservatori.

Se l’Iran torna a lanciare proteste politiche di massa, o addirittura un cambiamento rivoluzionario, questo avrà un impatto enorme su tutto il Medio Oriente. I popoli arabi si sentiranno a disagio a vedere che gli iraniani, in trent’anni, hanno sfidato per ben due volte un regime autoritario, mentre loro si mostrano passivi e ubbidienti con regimi politici antidemocratici e autoritari, che trattano i cittadini come idioti e li ingannano con elezioni farsa.

I particolari degli eventi iraniani di questi giorni sono specifici della cultura politica di quel paese, dominato da un’élite ossessionata dalla segretezza che oggi sembra in preda a gravi divisioni, e dove entra in gioco anche un profondo divario generazionale. Ma le manifestazioni spontanee di massa in cui si sfidano le strutture del potere non sono una caratteristica esclusiva dell’Iran.

Se questa si dimostrerà una sfida seria lanciata alla legittimità stessa del sistema di governo della repubblica islamica, anziché solo una protesta contro il modo in cui sono state gestite le elezioni presidenziali, non dovremo stupirci di vedere il precedente iraniano contagiare altre zone, stavolta arabe, del Medio Oriente. Come la rivoluzione islamica del 1979 non è mai riuscita a fare.
Autore: Rami Khouri

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